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PRECARI UNITI CONTRO I TAGLI ALLA SCUOLA

DOCUMENTO ASSEMBLEA NAZIONALE DEL 15 GENNAIO 2012

Da anni, ormai, la scuola statale subisce i pesantissimi contraccolpi di una dissennata politica, che si è tradotta in tagli selvaggi al personale docente ed ATA e in operazioni dilettantesche di “riordino” dei tempi e dei percorsi formativi, che hanno invece gettato le scuole nel caos e nell’ingestibilità.
Questi interventi mutilanti, pretenziosamente definiti “riforme” e dichiarati illegittimi dal Consiglio di Stato (sentenza n. 4535-07-2011) sono stati dettati esclusivamente dalla esigenza di fare cassa su un settore scelleratamente considerato improduttivo, in controtendenza rispetto a tutti gli altri paesi europei, che proprio in ragione della crisi hanno incrementato gli investimenti nel campo dell’istruzione e della ricerca.
Dalla scuola dell’infanzia all’università, la mannaia dei tagli ha falcidiato centinaia di migliaia di posti di lavoro e tolto ai precari, docenti e ricercatori, ogni speranza di stabilizzazione, bloccando le assunzioni già previste e prefigurando per tutti i lavoratori della conoscenza un destino di sfruttamento e di progressiva sottrazione di diritti e autonomia, maldestramente e squallidamente giustificato come “dovuta” punizione da infliggersi ai docenti “immeritevoli”, quelli, cioè, non allineati all’inaccettabile programma governativo, vòlto a uniformare le dinamiche scolastiche e quelle dell’azienda e, quindi, a mutuarne i rapporti gerarchici e i modelli di relazione liberticidi.

A fronte di ciò, i docenti e i lavoratori precari della scuola ribadiscono preliminarmente e programmaticamente la loro ferma contrarietà ad ogni ipotesi di “aziendalizzazione” della scuola e il netto, sdegnoso rifiuto di ogni procedura di valutazione basata su indici quali “l’accountability” o la “customer satisfaction” (paradigmatici, in tal senso sono i test “Invalsi”), cui condizionare l’erogazione delle risorse economiche, in quanto essi sono del tutto incompatibili con il peculiare ruolo rivestito dal processo di acculturazione e di formazione dei cittadini.

I precari della scuola riuniti in questa assemblea, molti dei quali delegati di associazioni o di coordinamenti sorti spontaneamente ed autonomamente sul territorio nazionale, ritengono invece imprescindibile e necessario investire nella scuola statale, perché nessun paese sollecito verso il proprio futuro può permettersi di pagare il debito pubblico azzerando l’istruzione. Sostengono, perciò, che le politiche scolastiche e la determinazione degli organici debbano essere svincolate dal beneplacito del Ministero dell’Economia, che la legge 449/97 debba essere abrogata e che vada abolita la speciosa distinzione tra organico “di fatto” e organico di “diritto”.
Ritengono urgente, inoltre, l’avvio immediato di un piano di investimenti compensativi dei tagli effettuati con la legge 133/08 (9 miliardi di euro sottratti alla scuola), senza il quale ogni discorso sulla “qualità” diventa pura demagogia. Ritiro dei tagli e rifinanziamento della scuola pubblica sono interventi che devono avere assoluta priorità, se davvero vogliamo una scuola di qualità!

Gli stessi precari si dichiarano, poi, assolutamente contrari all’ipotesi – recentemente ventilata – di bandire nuovi concorsi, anzitutto in considerazione del fatto che dal 2008 ad oggi hanno perso il lavoro 150.000 tra docenti ed ATA e che sono oltre 200.000 i precari, abilitati con procedure concorsuali, con specializzazioni acquisite e competenze testate sul campo, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e in quelle di Istituto; il che, unitamente al previsto aumento dell’età pensionabile, rende del tutto insensata l’idea di attivare una procedura di selezione di ulteriore personale; in secondo luogo, in quanto essi rifiutano la logica sottesa al concorso, una modalità di accertamento delle conoscenze e delle competenze professionali manchevole e sperequatoria, suscettibile di sortire esiti fortunosi e capace di alimentare infinite controversie giudiziarie.
Allo stesso modo, sono contrari ad ogni sistema di reclutamento che favorisca clientelismo e corruzione e che azzeri la libertà di insegnamento sancita dagli artt. 32 e 33 della Costituzione, quali la “chiamata diretta” da parte dei dirigenti scolastici e i concorsi banditi da singole scuole o reti di scuole. Il solo sistema di reclutamento trasparente e meritocratico è quello offerto dalle Graduatorie ad esaurimento, cui accedere in base ai titoli maturati e al servizio svolto.
Tali Graduatorie vanno preservate e rispettate senza defezioni o eccezioni e soltanto da esse si deve attingere per immettere in ruolo, su tutti i posti che essi coprono da anni, i tanti precari oggi sfruttati, anche in ottemperanza alla direttiva europea che prevede la loro assunzione dopo tre anni di servizio.
Perché ciò sia effettivamente possibile, sono fondamentali il ripristino dell’organico antecedente alla legge 133/08 e lo sblocco del turn over, accompagnato dalla copertura al 100% delle cattedre rese vacanti dai pensionamenti, onde garantire continuità e, di conseguenza, alta qualità alla formazione. Si postulano, altresì, il rispetto delle norme sulla sicurezza scolastica e l’applicazione della sentenza n. 3512 del Consiglio di Stato (emanata il 16 giugno 2011), la quale prescrive che tutte le classi siano composte da un numero massimo di 25 alunni e che quelle in cui vi siano studenti diversamente abili, invece, non superino i 20.

L’accesso alle Graduatorie ad esaurimento va consentito anche ai laureati in Scienze della Formazione Primaria, Strumento Musicale e Cobaslid, il cui titolo è abilitante ed ha valore concorsuale. Costoro, infatti, sono rimasti in una condizione di sospensione a causa del vuoto legislativo che si è prodotto, riguardo alla loro posizione, nell’ormai lontano 2006.
Sempre ai fini dell’inserimento nelle Graduatorie viene richiesto l’accesso diretto ad un percorso abilitante anche dagli insegnanti che hanno maturato almeno 360 giorni di servizio nella scuola statale. Tutto ciò va nella direzione dell’equiparazione giuridica e fattuale dei docenti precari e di ruolo, attualmente uguali nei doveri ma non nei diritti, in contrasto con lo spirito che permea il Contratto Nazionale del Lavoro.

La scuola è l’istituzione che ha unificato il paese, che dal dopoguerra in poi ha garantito la mobilità sociale e che garantisce a ciascuno la possibilità di estrinsecare il proprio potenziale e di contribuire al progresso sociale e civile secondo le proprie attitudini e i propri carismi.
La scuola, come l’acqua, è un bene comune non alienabile né scorporabile; è un luogo di confronto e di crescita intellettuale e morale per docenti, studenti e genitori; non può e non deve soggiacere alle logiche e alle speculazioni del mercato!
I docenti e i lavoratori della scuola continueranno a difenderla con ogni mezzo e ad ogni costo! Ai partiti che hanno operato o avallato i tagli e che ora vorrebbero perfino ridurre gli anni di permanenza nella scuola; ai governi miopi che dissipano il più grande patrimonio del paese e a tutti quelli che hanno barattato il futuro d’Italia con meschini privilegi, diciamo: GIU’ LE MANI DALLA SCUOLA!